
Soprannomi giapponesi femminili
Ci sono parole che sembrano sospiri. I soprannomi giapponesi femminili sono così: piccoli, armoniosi, spesso legati alla natura, alla grazia, alla delicatezza. Ma non per questo sono fragili. Dietro ogni nome giapponese c’è una forza silenziosa che non urla mai, ma resta.
Certe volte, per gioco, ho chiamato una ragazza “Yuki”. Significa neve. Lei rideva, pensava che lo dicessi solo per il suono. Ma io lo pensavo davvero. Era come quei soprannomi per Sofia: suonano belli, ma se li scegli bene… dicono molto di più.
Soprannomi giapponesi femminili
Yuki
Sakura
Hana
Aiko
Yume
Hikari
Asami
Kohana
Miyu
Rin
Ayame
Haruka
Mei
Kaori
Chika
Hinata
Sayuri
Mika
Nami
Kiyomi
Tomo
Ami
Reika
Suzu
Yuna
Misaki
Nanami
Emi
Riko
Miyuki
Ayaka
Natsumi
Azumi
Kazumi
Tsuki
Momoka
Sayo
Rina
Chiaki
Akari
Kanon
Noriko
Fuyumi
Miwa
Satsuki
Ichika
Ayano
Yui
Marika
Naoko
Kokoro
Yuriko
Kumiko
Ayumi
Ruriko
Hitomi
Tomoko
Mari
Chisato
Sumire
Rei
Shiori
Makoto
Akemi
Satomi
Ai
Yoshiko
Midori
Sayaka
Momo
Kayo
Airi
Nao
Kumi
Yurika
Kazue
Chiyo
Umi
Nene
Hinako
Sachiko
Mina
Ayana
Nanaka
Misuzu
Ichigo
Tamaki
Kiyoko
Riko-chan
Saki
Kohana-chan
Yume-chan
Ai-chan
Hana-tan
Yuki-pi
Mochi
Chibi
Kiki
Mi-chan
Yuyu
Nana-chan
Riri
Mimi
Aka
Shima
Rika
Kuni
Megu
Koemi
Hanabi
Kuro
Usagi
Kira
Ao
Ren
Tama
Koko
Piko
Moka
Ruko
Yami
Choco
Natsu
Hoshi
Amu
Yuki-ne
Shino
Mai
Reno
Suki
Keiko
Nezumi
Azuki
Kumi-chan
Rui
Ayu
Hinami
Tomari
Kaede
Yuzuki
Ami-chan
Yuna-ne
Yuki-bou
Rinko
Mika-tan
Hika
Tsukiko
Akira
Sae
Sayaka-chan
Yui-ne
Reika-chan
Nami-pi
Ci sono nomi che non sembrano soprannomi. Sembrano sguardi. Abbracci non dati. I soprannomi giapponesi femminili hanno questa grazia: sono delicati, ma non vuoti. Portano dentro immagini, suoni, stagioni. Come “Sakura”, che non è solo un fiore. È l’idea di qualcosa che sboccia e svanisce, quasi nello stesso istante.
Ne ho letti tanti. Alcuni sembrano nomi da anime, altri li sentiresti uscire dalla bocca di una nonna. Eppure, se pronunciati nel momento giusto, diventano perfetti. Come “Hana”, che dice tutto con quattro lettere. O “Yume”, che vuol dire sogno, e sembra nata per chi si perde nei pensieri.
C’è chi sceglie un soprannome solo per il suono. Ma quelli veri, quelli che restano, hanno sempre un pezzo di storia dentro. Come certi soprannomi fighissimi, che sembrano troppo, ma poi diventano parte di un linguaggio segreto. O come i soprannomi per Francesco, che riescono a cambiare da un tono all’altro, restando sempre gli stessi.
E a volte, tra un “Yuki-chan” e un “Miwa”, mi viene in mente anche qualche soprannome francese. Più dolce, più rotondo. Ma mai così lieve.
O penso ai soprannomi napoletani: più ruvidi, ma con la stessa urgenza di dire “tu per me sei qualcosa di speciale”.
Poi torno a lei. Che chiamavo “Sae” solo quando non volevo dire il suo vero nome. E in quel suono piccolo c’era tutto quello che non riuscivo a dirle.
Proprio come succede con i soprannomi per Sofia: scelti per caso, ma finiti nel cuore.
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